Dieci anni fa, proprio in questo periodo, usciva nei cinema italiani Viola di Mare, film di Donatella Maiorca, che vede protagoniste Valeria Solarino e Isabella Ragonese. Prodotto da Maria Grazia Cucinotta con il contributo della regione Sicilia, Viola di mare è il riadattamento di una storia vera, raccontata nel libro “Minchia di re” di Giacomo Pilati e successivamente portato in scena a teatro. Il titolo del film fa riferimento a un particolare pesce, il Coris Julis, un pesce ermafrodita, che nasce femmina, ma si trasforma in maschio, assumendo i colori viola, da cui appunto il nome “viola di mare” con cui è conosciuto in Sicilia. Il film, appunto, fa riferimento a un cambio di genere sessuale, non naturale ma imposto per necessità sociali.
La storia
Siamo nella Sicilia dell’800′, a Favignana, un paesino di poche anime e tanta povertà. Sara (Isabella Ragonese) e Angela (Valeria Solarino) sono amiche fin dall’infanzia. La prima parte quando il padre viene mandato a combattere nell’esercito; poi ritornerà, orfana, dieci anni dopo, giovane donna bella “come una madonnina”. Angela, rimasta sempre lì, in attesa del ritorno di Sara, è la figlia del curatolo delle cave di tufo di Cala di Tramontana, Don Salvatore (Ennio Fantastichini), burbero, violento, vessatorio. È il padrone del piccolo paese, quello che detiene il potere di far lavorare o meno gli altri, di abusare delle loro donne quando deve riscuotere un debito, “Di farli abbaiare” se vuole lui.
Le due ragazze si innamorano in quel modo folle ed esclusivo dei grandi amori e Angela, in contrasto con tutte le regole sociali, deciderà che quell’amore lei lo vorrà vivere alla luce del sole, sposando la sua fidanzata. Don Salvatore non può accettare una simile follia, così punirà con la segregazione a tempo indeterminato la figlia, rea di essere uno scherzo della natura. “Ero più contenta a saperla buttana che mezzo masculo! Per me è già morta” sentenzierà Don Salvatore. Lasciata sola nello squallore e oscurità di una lurida cantina, Angela trascorrerà lunghi mesi, senza mai retrocedere dal suo amore per Sara. Una guerra allo sfinimento che la condurrà a morte certa. Ma la madre (Giselda Volodi) sempre sottomessa a quel marito violento deciderà di ribellarsi e otterrà la libertà della figlia: Angela sarà masculo. Il prete dovrà dire che ha sbagliato alla nascita. Vivrà da uomo e potrà sposare Sara. Uno stratagemma funzionale reso possibile dalla complicità di un sacerdote troppo dedito ai piaceri terreni, e una congrua disponibilità economica. Ma la vita per le due ragazze non sarà comunque facile né priva di moti avversi del destino.
Le polemiche attorno al film
Viola di mare è un film forte, doloroso e romantico. Credo sia il miglior film lesbico prodotto in Italia finora e distribuito in maniera trasversale e massiccia. Infatti fu proiettato nella maggior parte delle sale italiane ed ebbe un ampio seguito. Un film che ha scioccato e nel quale non sono mancate difficoltà in fase di elaborazione; Valeria Solarino, in un’intervista raccontò che non fu permesso di girare una scena nella chiesa del paese “perché la ritenevano non in linea con il credo e quindi svilente per gli ecclesiasti“. Era l’Italia del 2009, ancora lontane le unioni civili, ancora forte lo stigma sociale per la comunità lgbtq. Nonostante ciò, Viola di mare conquistò la candidatura al Nastro d’argento come miglior attrice per Valeria Solarino, e come miglior colonna sonora per Gianna Nannini, autrice della canzone “Sogno” che chiude il film. Vinse anche il premio contro l’omofobia Capri Peace Awards, e quello come miglior pellicola e miglior attrice per Valeria Solarino, ai New Italian Cinema Events.
Un film la cui realizzazione non fu per niente facile, infatti Maria Grazia Cucinotta – produttrice e interprete della zia di Angela – raccontò in un’intervista: «Ho avuto tante porte in faccia visto il tema del film, ma io cerco di affrontare il problema con quello che so fare, cioè il cinema. Quello che importa è la sincerità dei sentimenti non il sesso delle persone protagoniste della storia». Era la prima volta che nel cinema italiano veniva raccontata una storia d’amore fra donne in maniera così potente e viscerale. Valeria Solarino e Isabella Ragonese riescono a interpretare con grande professionalità e bravura due donne diverse e innamorate, disposte a tutto pur di essere felici insieme. La delicata femminilità della Ragonese, con quei suoi modi gentili ed eleganti, ben si sposa con la forza mediterranea di Valeria Solarino, che uomo e donna riesce a caratterizzare un’Angela tanto determinata quanto fragile.
Le radici storiche
Se per alcuni è parso strano che con “facilità” Angela diventi Angelo e si sposi, bisogna ricordare che fin dal 1600 si hanno testimonianze di donne che sceglievano di travestirsi da uomo, non perché transessuali, ma per la libertà di amore che questa decisione comportava. Si pensi a Maeyken Joosten, olandese tra 500′ e 600′, che dopo 13 anni di matrimonio e ben 4 figli, si innamorò di Bertelmina Wale, rinunciò alla sua vita precedente e si sposò con lei nello Zeeland, sotto il nome di Abraham Joosten, l’8 marzo 1606. Purtroppo fu smascherata dopo qualche tempo e condannata a morte per sodomia. Non fu la sola, nel 1641 si ha testimonianza di un caso analogo ai danni di Hendrickje Lamberts van Der Schuyr e della compagna Trijntje Barents. In quest’ultima circostanza le due vennero frustrate ed esiliate, l’una lontana dall’altra per sempre. Ci sono altre situazioni simili che percorrono tutta la società moderna, una delle quali è stata portata in scena da poco nel film Elisa y Marcela, di cui trovate la recensione in questo blog.
L’espediente del travestitismo è stato spesso utilizzato dalle donne con più o meno successo. Nel film Viola di mare questo cambio d’identità esteriore viene scandagliato dalla bravissima Valeria Solarino nei dettagli più minimi: la sua vestizione da uomo, il senso di soffocamento e disagio in quei panni non suoi, il finale ritorno nelle sue vesti di donna. Da donna lesbica non ho potuto non apprezzare la capacità della regista di rendere l’intimità del rapporto tra due donne. Le scene in cui le due protagoniste sono sole, riportano la verità di un rapporto al femminile, nel quale i ruoli non esistono, ma il vero divertimento è passarci attraverso, giocandoci. Il tutto è perfettamente sintetizzato nella scena delle due allo specchio, con Angela (ormai diventata per tutti Angelo) vestita da donna, e Sara invece con gli abiti maschili di Angelo. Quasi a voler affermare la propria libertà, il ribaltamento di ruoli ludico, che solo nell’intimità del rapporto a due possono sperimentare.
“È una storia che parla di libertà, libertà di scegliere di amare. Io credo che ci sia un virus latente nell’umanità che è il razzismo nei confronti della diversità che c’è in ogni tempo, ed ecco che il tema diventa attualissimo”. Donatella Maiorca, la regista del film.
Sarebbe bello che il cinema italiano narrasse più storie così, che ci sono, e aspettano solo di essere raccontate al grande pubblico. Perché, checché se ne dica, è attraverso la narrazione, le vicende reali, che le persone possono essere educate alla diversità. Oltretutto, è giunta l’ora che ci si riappropri della storia LGBTQI+, del racconto storico della diversità, delle nostre radici, perché – come diceva il filosofo George Santayana- “Chi non conosce la storia è destinato a ripeterla“.
Leave a Reply