BARBADOS APRE LE PORTE ALLA COMUNITÀ LGBTQ

Chi non conosce Barbados, la bellissima isola dell’arcipelago delle Piccole Antinelle che con le sue acque cristalline e spiagge bianche accoglie mezzo milione di turisti? Ma vi siete mai soffermati a riflettere sulla condizione dei diritti LGBTQ+ lì ?

Eh sì, perché difficilmente quando andiamo a rilassarci in questi Paesi esotici ci soffermiamo a pensare come viva il popolo arcobaleno indigeno. Nonostante sia un Paese del Commonealth britannico, vige ancora una legge coloniale, che fa riferimento alla buggery (gli atti di sesso non procreativo) e di fatto condanna all’ergastolo gli omosessuali. Certo, ormai è da tanto tempo che non viene applicata. Ma rimane lì, come una ghigliottina.

LA SVOLTA

La settimana scorsa il Governatore Generale delle Barbados, Sandra Mason, ha affermato in un discorso in Parlamento, di voler indire un referendum per l’approvazione delle unioni civili.

Su questo argomento il mondo ha parlato. Se vogliamo essere considerati tra le nazioni progressiste del mondo, Barbados non può permettersi di perdere la sua reputazione. Né una società tollerante come la nostra può permettersi di essere inserita nella lista nera per violazioni dei diritti umani e civili o discriminazioni riguardo al modo in cui trattiamo la sessualità e le relazioni umane“.

Un discorso che non ha lasciato indifferente la comunità LGBTQ+ caraibica, che però ha avuto reazioni contrastanti.

SPECCHIO PER LE ALLODOLE

È stato un discorso pieno di fumo e specchi, in punta di piedi e con l’uso di parole di moda. – ha affermato Alexa Hoffmann, attivista transgender – Mi ha lasciato indifferente. Tutto ciò che riguarda la comunità LGBTQ+ è ancora criminalizzato e completamente proibito“.

Hoffmann racconta che in questo momento un qualunque vicino ficcanaso potrebbe decidere di chiamare la polizia se a conoscenza di atti omosessuali in una casa, e ciò scatenerebbe un inferno per i denunciati. Una situazione insostenibile. Oltretutto il timore è che un referendum non porti alla vittoria della comunità LGBTQ+ e di fatto non muti la precaria condizione in cui si vive nelle Barbados.

QUESTIONE DI PRIORITÀ

Più ottimista è stato l’attivista per i diritti umani Neish Mclean, che si è detto incoraggiato dalla volontà del governo di riconoscere le unioni dello stesso sesso. Tuttavia “c’è ancora molta strada da fare per raggiungere l’uguaglianza delle persone LGBTIQ”, ha affermato Mclean, attivista per OutRight Action International, un gruppo per i diritti LGBT +. “Affrontare la discriminazione e depenalizzare le leggi sui rapporti sessuali richiederebbe molto più lavoro”.

Eppure dovrebbe essere proprio questa la priorità per il governo. Se non si aboliscono le leggi coloniali sui rapporti omosessuali, che senso ha un referendum? Sembra proprio che ci sia una questione di priorità e il dubbio degli attivisti è che quella del Governo sia il marketing più che un concreto miglioramento dei diritti umani per la comunità arcobaleno.


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