Ieri sera Gabriel Garko ha fatto coming out al Grande Fratello Vip. Piangeva commosso mentre raccontava del suo “segreto di Pulcinella” e del coraggio di essere di nuovo sé stesso.
L’ha chiamato “segreto di Pulcinella” Gabriel Garko, con ragione. Della sua omosessualità si è vociferato per anni, così come di quella di Marco Carta che solo nel 2018 è riuscito a dichiararsi pubblicamente. Un altro “segreto di Pulcinella”. In fondo, quanti coming out lo sono?
Tanti. Troppi.
Non solo divi, personaggi dello spettacolo, ma tanti fra noi.
Io sono stata fortunata. Ho capito chi fossi fin da piccolissima. Ricordo l’emozione che mi suscitavano le donne adulte della mia vita, le guardavo come dee e per una loro carezza, un sorriso, diventano un cucciolo dolcissimo, da monella qual ero.
Alle medie questa mia diversità non passò inosservata. Benché io non sapessi darle un nome, non l’avessi nemmeno esplicitata, i miei compagni colsero i segnali con la crudeltà e l’intuizione che hanno spesso i bambini. Subii un bullismo così forte che perfino il preside dovette intervenire. Ma io capii chi ero. Così al liceo feci coming out con chiunque. Prima ancora di dire il mio nome dicevo “sono lesbica”. Era il modo che avevo per proteggermi: ti sbatto in faccia chi sono, così se mi vorrai bene lo farai per ciò che sono davvero e non mi abbandonerai dopo.
Fare coming out per me è stato questo: rendere ciò che il mondo mi aveva detto fosse una debolezza, la mia più grande forza, il metro di giudizio attraverso il quale io valutavo l’amore degli altri.
Ora non è più così. Sono talmente in pace con me stessa e la mia sessualità che non faccio nemmeno coming out, semplicemente uso i pronomi giusti, non maschero presenze e non mi nascondo dietro i vicoli per baciare una ragazza.
Ma ci sono voluti anni.
Fare coming out è una scelta di vita, sempre. Ci sono persone che vivono con questo “segreto di Pulcinella” tutta la vita, perfino e soprattutto con i propri genitori. Ci sono figli che si autoconvincono che questa sia la scelta migliore per la loro serenità, perché tanto ormai sono anziani e gli darebbero un dispiacere, perché magari mi accettano loro, ma i vicini, i parenti, chiacchierano, possono dire cose che li feriscono. Oppure perché tanto lo sanno, anche se non ce lo diciamo, è il “segreto di Pulcinella” che mantiene uno status quo. Un segreto che lascerà sempre un velo nei propri rapporti personali.
Aver fatto coming out o meno incide nella propria vita, a qualunque età. Plasma il tuo modo di rapportarti alle persone, di vestirti, di guardarti intorno, di rischiare. Plasma la tua mente. Perché quando perdi ogni barriera, ogni maschera, la vita è completamente diversa, osi di più, ricerchi con più forza l’autenticità. Ami più intensamente.
LA PRIMA MASCHERA
A 18 anni quando andai al mio primo Pride romano, ascoltai la presentazione del libro “Gli Svergognati” di Delia Vaccarello, disse:
“La prima maschera la mettiamo quando ci innamoriamo per la prima volta. Ritorniamo a casa e la indossiamo per nascondere il nostro amore”
Quanta verità dietro quelle parole? Quanti silenziosi amori abbiamo consumato dietro quella maschera? Quanto dolore nascosto?
Ricordate quell’emozione della scoperta di un sentimento nuovo di sé e per un’altra persona? Ricordate la sensazione del pericolo e della paura nel dire a voce alta quello che provavate? È un trauma. Stai dicendo a te stessa implicitamente che c’è qualcosa di sbagliato in ciò che sta accadendo se non lo dici. Lo fai inconsapevolmente, ma lo fai. Porti su di te il peso di una felicità che farà soffrire altre persone o te stessa. Questo ti condiziona, per sempre.
Ogni volta che scegliete di non fare coming out costringete voi stessi a rivivere quel trauma. Ogni volta vi dite inconsciamente che la vostra felicità ha qualcosa di sbagliato perché genera sofferenza. Ogni volta perdete un pezzetto di voi. Vi amate meno.
Il coming out non è solo un atto politico e sociale, ma è anche un gesto d’amore per voi stessi.
Amatevi.
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